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Roma a Barcellona

Cesare Augusto scrisse sicuramente alcune delle pagine più importanti della storia di Roma, ma ebbe anche un ruolo centrale nella fondazione di una piccola colonia nella parte settentrionale della penisola Iberica che prese il nome di Iulia Augusta Faventia Paterna Barcino, e che nel corso degli anni si trasformò in Barcino, Barchinon, Barchinonam, Barcinona… fino all’attuale Barcellona. In effetti il padre dell’Impero Romano ebbe l’onore di essere una figura di rilievo della Roma imperiale, e di aver favorito la creazione di un piccolo nuovo insediamento che, con i secoli sarebbe divenuto una delle città di riferimento dell’Europa mediterranea .

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Per questi motivi, e nell’ambito delle celebrazioni del bimillenario di Augusto, il municipio della capitale catalana ha deciso di riaprire il vecchio baule dei ricordi e di utilizzare una tecnologia di ultima generazione per elaborare un’interessante applicazione informatica, un’app denominata “Barcino 3D” che consente di scoprire com’era questa città all’epoca della sua fondazione. Come dice un vecchio adagio, “chi dimentica le proprie origini, perde la sua identità”, e in un periodo di crisi e di globalizzazione come quello che stiamo vivendo, sapere quali sono le nostre radici risulta indispensabile per sopravvivere in mezzo a tanta confusione e uniformità. Immaginatevi quante sorprese per il vecchio imperatore, se dovesse resuscitare!

L’applicazione che mostra com’era questa Barcellona romana prevede l’accesso gratuito all’utente. Una buona notizia. E, inoltre, è disponibile in IOS e Android per Tablet o PC, per cui il suo accesso è molto semplice. I testi sono stati redatti in tre lingue: catalano, spagnolo e inglese, ma la cosa più interessante sono i contenuti e la modalità di visualizzazione. Veloce, visiva, quasi cinematografica, l’applicazione consente all’utente di sorvolare l’antica Barcino come se si arrivasse in aeroplano, per esempio dall’Italia, ed ammirarla con una prospettiva a volo d’uccello. Il “fotofinish” dell’esatto momento storico scelto per scoprire questa Barcellona coincide con l’epoca in cui la colonia aveva appena terminato di costruire un secondo muro di cinta. Siamo nel III secolo dopo Cristo.

La app consente anche di scoprire quali sono le importanti testimonianze sopravvissute nel corso dei secoli: le mura ancora perfettamente visibili nella Barcellona contemporanea, alcuni antichi villaggi agricoli intorno alla città, vivi mosaici e pitture che sono giunti miracolosamente fino ai giorni nostri, resti di un tempio dedicato ad Augusto, una necropoli… mentre ricostruisce come erano i principali monumenti e i luoghi rappresentativi della colonia e propone degli interessanti percorsi virtuali lungo le sue strade, come se fossimo veramente degli autentici turisti che si godono la Barcellona romana nell’antichità.

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Come era Barcellona nel III secolo?

La Barcellona presentata da questa app “Barcino 3D” è quella del periodo storico dell’imperatore Diocleziano, ed è una ricreazione che consente di comprendere com’era la vita quotidiana di un’urbe romana del Mediterraneo occidentale che viveva del commercio e della produzione vinicola. L’urbanistica che disegna quella Barcino risponde alla struttura classica delle città romane, con un perimetro ottagonale e le strade che si articolano intorno a due assi: il Cardo e il Decumanus che si incrociavano in uno spazio centrale o Forum, il centro politico, religioso ed economico della colonia.

“Tutte le informazioni sono georeferenziate e in base ai dati di cui disponiamo finora, per cui, nel momento in cui cambino le conoscenze, anche l’app sarà modificata”, ci spiega Carme Miró, la responsabile di un progetto del municipio denominato Plan Barcino, nato con lo scopo di favorire la ricerca e la divulgazione della Barcellona romana. Un piano che ha avuto in questa app “Barcino 3D” la sua prima grande iniziativa pubblica.

“Scavare qui non è semplice. Come molte importanti città e metropoli italiane e del Mediterraneo, anche Barcellona è cresciuta e si è sviluppata senza sosta dal Medioevo su un antico substrato romano –ci ricorda Carme Miró-, rendendo estremamente difficile l’operato degli archeologi”. Per esempio, l’antico Forum romano è situato esattamente dove oggi troviamo la sede del Consiglio municipale, il palazzo del Presidente del Governo della Catalogna, un importante istituto bancario e anche la cattedrale cattolica, tra altri luoghi rappresentativi. Duemila anni dopo, il potere terreno e quello divino riposano sulle stesse fondamenta. Tutto come durante l’epoca di Roma, ma con alcune incognite e dettagli ancora da accertare, dato che è praticamente impossibile raccogliere ulteriori informazioni, visto l’uso attuale a cui sono adibiti questi spazi.

E che cosa sappiamo di quella Barcino romana? “Anche se non tutto, sicuramente molto”, ci spiega la dottoressa Miró. Per esempio, sappiamo che Barcino era una colonia molto prospera che viveva del commercio e della produzione agroalimentare (in particolare quella vitivinicola) ottenuta in alcuni villaggi situati all’esterno delle mura di cinta. Nonostante il suo potere economico, non si trattava di una città molto estesa. Pur controllando una ricca pianura agricola situata accanto alla costa mediterranea, la zona prettamente urbana di Barcino occupava una superficie di soli 10 ettari, molto piccola se la confrontiamo con i 60 ettari della vicina Tarraco (Tarragona), capitale della provincia Tarraconensis.

Tuttavia, quella Barcino ricca e poco estesa era circondata da possenti mura di cinta che sono probabilmente il motivo per cui oggi Barcellona, e non Tarragona, è la capitale della Catalogna. In realtà erano due mura. Una, la prima, fu edificata nel I secolo a.C. per ordine di Augusto, ed era più simbolica che efficace. Il secondo recinto, che disponeva di 76 torri e quattro porte di ingresso, fu costruito nel III secolo a causa della crescente instabilità che iniziò a vivere l’Impero Romano a partire da quel periodo. Non c’e da meravigliarsi del fatto che, quando i Visigoti entrarono nella penisola Iberica, decidessero di trasformare Barcino nella capitale dei propri possedimenti.

In quella Barcellona del III secolo era presente anche un acquedotto lungo 13 chilometri, che portava l’acqua dalle vicine montagne, oltre a un tempio, più antico, eretto per venerare l’imperatore Augusto, il fondatore della colonia. Senza trascurare il fatto che in quella Barcino che divenne cristiana convissero vari nuclei episcopali, che riuscirono a coniugare differenti interpretazioni del rito cattolico.

Perché fu fondata Barcino?

Barcino fu fondata negli ultimi anni del I secolo a.C., probabilmente tra il 15 e il 10 a.C., nell’ambito della politica di Augusto rivolta a consolidare la romanizzazione della penisola Iberica. Carme Miró, la direttrice del Plan Barcino ci racconta che “Augusto creò Barcino con due finalità: una commerciale e un’altra di controllo del territorio. Nel primo caso, la storia finì col dare ragione ad Augusto, infatti Barcino divenne uno dei porti più importanti del Mediterraneo occidentale” .

Riguardo al controllo del territorio, Barcino fu l’unica colonia fondata nel periodo di Cesare Augusto nella parte nordorientale della Penisola (oltre, naturalmente, alla capitale Tarraco). Nacque con la volontà di colonizzare una pianura lungo il mare, non molto estesa ma molto ricca a livello agricolo, sulla quale sfociano due fiumi -il Llobregat e il Besos- e numerosi torrenti, ruscelli e corsi d’acqua minori. Una terra fertile, quindi, e anche con alcune risorse minerarie e una cava nelle vicinanze. “Augusto –ci dice Miró- probabilmente cercò in Barcino un porto da cui esportare queste materie prime, oltre a un punto per il controllo del territorio annesso. Sappiamo che Augusto fece lottizzare ed ordinare tutta la pianura che circondava la città, ovvero l’attuale area metropolitana di Barcellona”.

Le fonti classiche ci spiegano anche com’era Barcino. Circa sessanta anni dopo la sua fondazione, Pomponio Mela la menzionava già nei suoi scritti. E alcuni anni più tardi, Plinio il Vecchio rilevava che era una delle dodici colonie della Hispania Citerior (Spagna citeriore) in cui si erano insediati i legionari più veterani che avevano preso parte alle Guerre Cantabriche. Tutto ciò ha spinto alcuni storici a ipotizzare che Augusto creò la colonia anche allo scopo di trasferire a Barcino alcuni dei legionari che, tra il 29 e il 19 a.C., parteciparono alle campagne militari per la conquista del Nord peninsulare, e che lo stesso Cesare diresse personalmente da Tarraco, da allora denominata Imperial Tarraco.

Tuttavia, pur trattandosi indubbiamente di una nuova creazione romana, non dovremmo neppure trascurare l’importanza del fattore indigeno in quella Barcellona romana. Abbiamo la certezza dell’esistenza di due monete che recano la scritta “Barkeno” che, ovviamente, ci riportano a “Barcino”. Non sappiamo dove sono state rinvenute, né quando, ma una di queste si trova attualmente in un museo di Copenaghen, e dell’altra se ne sono perse le tracce durante la Guerra Civile spagnola (1936-1939).

Inoltre, come ci racconta Carme Miró, sulla vicina collina di Montjuïc (una collinetta alta 173 metri, situata direttamente in riva al mare e nelle immediate vicinanze della foce del fiume Llobregat) sembra che si trovasse un porto e un insediamento iberico che consentiva già la spedizione di alcuni prodotti agricoli ottenuti nella zona, oltre al sale che veniva estratto dalle vicine miniere di Cardona-Súria. “Siamo assolutamente certi che la creazione di Barcino sia opera esclusiva di Augusto. Tuttavia, era presente una tradizione indigena che non dovremmo sottovalutare. Inoltre, nella montagna di Montjuïc sono stati ritrovati alcuni resti archeologici romani dell’epoca repubblicana, per cui non dobbiamo scartare la possibilità che in precedenza fosse stata edificata lì una città romana. Non possiamo affermarlo perché non l’abbiamo trovata, pur essendoci alcuni indizi, ma non si può escludere che nel I secolo a.C. Augusto abbia deciso di trasferire questo insediamento in pianura per poter meglio organizzare questo territorio”.

Per la direttrice del Plan Barcino “Barcino fu un insediamento nato per poter esportare tutte le materie prime, promuovendo l’attività commerciale dal suo porto. Anche se non possiamo dimenticare, come ripeteva il mio professore, il Dottor Tarradell, la questione degli schiavi. Oggi non ci piace pensare a queste cose, ma in questo litorale vivevano dei validi guerrieri, e le donne iberiche erano molto adatte alla caccia”.

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Il futuro che ci riserverà Barcino

E quale fu il grande contributo di Barcino all’economia e alla società dell’Impero Romano? Per Miró questa città organizzò al meglio l’importazione e l’esportazione, un merito che probabilmente ereditò dalla sua precedente epoca iberica. L’importanza dei villaggi agricoli rinvenuti nella pianura barcellonese, al di fuori delle mura, completano questa visione di una Barcino come importante centro di esportazione. Il caso più significativo è forse quello della villa di La Sagrera, venuto alla luce durante le opere di costruzione di una stazione ferroviaria ad alta velocità (TGV) nell’estate del 2011. Una villa di circa 1.100 metri quadrati di estensione che si occupava della coltivazione delle viti. Quanto è stato ritrovato al suo interno dimostrerebbe l’importanza di questo settore e il successivo potere economico che il vino assunse per le famiglie proprietarie di queste terre. Alcune domus scavate nel centro urbano, come quella del numero 15 dell’attuale carrer Avinyó (peraltro, un angolo della città che, all’inizio del XX secolo ispirò Pablo Picasso per il suo famoso quadro Les Mademoseilles d’Avignon), sembrerebbero confermarlo.

Riguardo alla composizione sociale di Barcino, Carme Miró desidera ricordare che si trattava di una città con un grande numero di liberti, schiavi liberati alla morte dei loro padroni che ricevevano in eredità una parte dei loro averi. “Questo non era normale all’epoca e dava un carattere molto aperto alla città”, afferma l’archeologa.

Tuttavia, purtroppo in questa Barcino prospera e socialmente dinamica non sono stati ritrovati resti di nessuna struttura di svago, come teatro, anfiteatro o un circo. Com’è possibile? Per la responsabile del Plan Barcino esistono varie ipotesi a riguardo. “A livello di terme c’è un’evidenza archeologica dell’esistenza di tre sorprendenti zone di bagni pubblici. Due di queste sono situate in aree suburbane della zona del porto che ancora devono essere studiate in modo più approfondito. Anche gli archeologi sono rimasti stupiti dalla scoperta, in alcune domus dell’epoca successiva, di bagni privati, per cui stiamo parlando di una città che era molto pulita, oppure che praticava uno specifico culto dell’acqua”.

Invece, è certo che non sono stati rinvenuti spazi adibiti agli spettacoli. Significa che non ce n’erano? Per Miró “è possibile che non fossero stati costruiti in pietra, ma con altri materiali, come il legno. Le montagne intorno a Barcino erano molto ricche di boschi. È una delle ipotesi”.

E, quali sorprese ci potrebbe riservare il sito archeologico nei prossimi anni? La direttrice del Plan Barcino ci spiega che “ultimamente abbiamo proseguito i lavori intorno alle mura di cinta, oltre ad iniziare un progetto di bio-archeologia per conoscere la flora che era presente nel territorio, sapere ciò che si coltivava e si mangiava, che ci ha già fornito alcune sorprese. Per esempio, la coltivazione intensiva delle viti effettuata nella pianura di Barcellona (molto più importante di quel che si pensava).

Si sta lavorando anche all’esatta definizione del Tempio di Augusto: le sue forme, le dimensioni e, soprattutto, l’orientamento, che potrebbe cambiare la struttura del Forum e la disposizione della città. E, infine, c’è la collina di Montjuïc, che è la grande questione in sospeso. Si tratta della culla della città, da lì proveniva la pietra che contribuì a costruire Barcino (e più tardi Barcellona), ed è il luogo in cui sono stati rinvenuti i resti storici più antichi. L’archeologia ha sempre un asso nella manica.

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